Roberta Dapunt
della lingua III e della gratitudine interiore
Ormai che l’anima ha assunto tratti mortali,
non m’interessa adempire lo spirito,
perché mi sembra, ci sto già in mezzo e starci in mezzo,
mi è diventato un prezzo da pagare.
Sono, su questa lingua malata e di vanitosa presunzione
che occupa l’intero spazio e oltre nella bocca,
ormai debitrice per uso di un credito concesso della parola.
Eccomi ora, che non voglio parlare, o meglio qualsiasi similitudine
non avrebbe più titolo di risarcimento richiesto al suo ascolto.
Sto ferendomi dunque in questa lingua,
e accolgo prima del tempo convenuto una disposizione direi, eucaristica
che per voce di altri e anni prima, non mi ha mai convinta,
eppure ora l’unica possibile, la gratitudine interiore,
quella che serve alla volontà del silenzio, a ringraziare.