La volpe fulva va nel folto fulgido del bosco,
e lui sta disteso, confondendosi col mitra,
è nella terra rossa densa rugginosa
dell’autunno, in superficie,
                                           e la volpe

prosegue traversando il cuor, la gola, il cuore,
saltella, ficca la sua zampa dentro l’anima,
la zampa scrolla, e si getta in avanti,
                          E lui grida con la gola fracassata:

MA COSA CAZZO È, SIGNORE, MA PERCHÉ?!

Io non ho fatto in tempo, agli occhi ho dei problemi,
io non ho fatto in tempo, e quelli a me in aprile,
quand’era ormai la fine e tutto ormai era chiaro,
e quelli come me, vestiti a malapena,
i mezzi ciechi e gli zoppi, i senza baffi,
da kinder, kirche, dagli odori delle küche,
nel loro verde bosco fulgido d’aprile,
laddove per il sangue non vedevo nulla,
e poi la belva fulva, e gola, cuore, gola,
nemmeno una volta io ho fatto fuoco,
io non ho fatto in tempo,
                                            per che cazzo, o Dio?! 

E ALLORA DAMMI, DAMMI, DAMMI TU QUALCOSA!!! 

E qui la volpe è caduta e sta distesa.