Nino Muzzi

italiano

Auf dem Ätna

Wir saßen im klimatisierten Reisebus.
In den Haarnadelkurven glomm auf der Ginster.
Der Cicerone erzählte die Story von Odysseus so
als sei er selber der Listenreiche gewesen.

Der Bus schraubte sich rasch in die Höhe.
Das Gebrüll Polyphems war schon deutlich zu hören.
Schafe mit schweren Bäuchen trotteten abwärts.
Es war rätselhaft, wie ein Recke darunter noch Platz finden sollte.

Der Geblendete, hieß es, hatte das Nachsehen.
Sein Name sei Niemand, sagte der Listige.
Niemand hat mich geschändet, schrie der Zyklop.
Der Lavastrom wälzte sich über den Parkplatz.

An der Gondelstation herrschte Gedränge.
Oben gabs Shuttlebusse und schwarze Schlacke
die von Raupenbaggern zusammengeschoben wurde.
Die Schwefeldämpfe stiegen uns in die Nase.

Unsere Schuhsohlen hinterließen Abdrücke
im samtweichen Ascheteppich. Kleine Türmchen
aus Lavaschotter säumten die Piste.
Die Götter waren taub für die Klage des Riesen.

Im Gänsemarsch folgten wir dem Gestählten.
Er trug eine Sonnenbrille von Armani.
Aus den Bodensenken stieg Rauch auf.
Man konnte die Hand hineinhalten ohne daß sie verdorrte.

Ein Schmetterling flog übern Kraterrand.
Gegoogelt als Südlicher Schwalbenschwanz –
Schwarzgelb bestäubt mit zwei roten Tüpfeln
an den Frackschößen, oder wie man das nennt.

Ich dachte an Odysseus, an all seine Schliche
die den launischen Göttern imponiert haben mußten.
Vor der Rückfahrt tranken wir Latte macchiato.
Er war heiß, wie im Innern der Erde gebraut.

Gewogen blieben auch uns die unnahbaren Götter.
Am Fuß des Vulkans erwartete uns der Imker.
So nippten auch wir vom himmlischen Manna.
Der Schwalbenschwanz, sagt man, ernähre sich nur von Tau.

© Poetenladen
De: Abdruck im Niemandswo
Leipzig: Poetenladen, 2016
Producción de Audio: Haus für Poesie / 2016

Sull'Etna

Stavamo seduti nel bus climatizzato.
Ai tornanti brillava la ginestra.
Il cicerone narrava la storia di Odisseo
come se fosse lui l'uomo pieno di astuzie.

Il bus si torse a un tratto verso l'alto.
Già si sentiva chiaro l'urlo di Polifemo.
Pecore dai ventri pesanti trotterellarono fuori.
Chissà come un eroe poteva star lì sotto.

L'accecato, si dice, rimase a bocca asciutta.
L'astuto disse che il suo nome era Nessuno.
Nessuno mi ha straziato, gridava il Ciclope.
Il flusso di lava era spanto sul parcheggio.

Alla stazione della funivia c'era un gran pigia pigia.
Lassù c'erano shuttle bus e scorie annerite
che venivano ammucchiate da escavatori a cingoli.
I vapori di zolfo c'invadevano le narici.

Le suole delle nostre scarpe lasciavano impronte
nel tappeto di cenere morbido come velluto.
Torrette di scorie di lava fiancheggiavano la pista.
Gli dei erano sordi ai lamenti del gigante.

In marcia militare seguivamo l'uomo atletico.
Lui portava gli occhiali da sole di Armani.
Dagli avvallamenti saliva su fumo.
Si poteva metterci la mano senza disseccarla.

Una farfalla volava sull'orlo del cratere.
Secondo Google è un Papilio alexanor -
A strisce nere e gialle con due punti rossi
alle falde della marsina, o come si chiamano.

Io pensavo a Odisseo, a tutte le sue astuzie
che devono essere piaciute agli Dei mattacchioni.
Prima del rientro bevemmo latte macchiato.
Era caldo come venisse dalle viscere della terra.

Ci furono benevoli anche gli Dei inaccostabili.
Ai piedi del vulcano ci attendeva l'apicoltore.
Così assaggiammo anche noi della manna celeste.
Il Papilio alexanor, si dice, si nutra solo di rugiada.

Traduzione: Nino Muzzi