Nino Muzzi

italiano

Der Liederabend

Wir lauerten um das schwarze Klavier.
Einer steckte fünf Reichstaler in den Schlitz.
Schubert stand auf und sang aus der »Winterreise«.
Der Wirt hinterm Tresen rauchte eine Zigarre.

Pflaumenknödel kamen und dunkles Bier.
Schubert trank lieber Rotwein, wir kannten das ja.
In der Schankstube summten umeinander die Fliegen.
Napoleon war noch nicht aus Rußland zurück.

Auch Stalingrad sei nicht zu halten. Wir kannten das ja:
Irgendwer wußte immer schon mehr.
Durch die Ritzen zog es wie Hechtsuppe.
Den »Lindenbaum« brachte Franz sehr exponiert.

Wir aber warteten auf den »Leiermann«.
Seine froststarren Finger rührten uns immer zu Tränen.
Ein hölzernes Stuhlbein fing an zu knarren.
Der Hund des Hausierers rieb seine Schnauze daran.

O Jesses, heuer kriegen wir zeitigen Schnee!
Der Invalide schob sich auf seinem Wägelchen durch.
Einer muß ihm beim Pissen helfen. Wer geht freiwillig mit?
Wir würfelten. Schubert war viel zu besoffen dafür.

Der Wirt nahm das ernst mit dem Weltuntergang.
Kaum schlugs Mitternacht, verhängte er alle Bilder –
Franz-Joseph, den Führer und Marlene Dietrich.
Schubert schrie nach mehr Gumpoldskirchner.

Das Lied von der Reblaus kannten wir alle.
Zum Kehraus ließen wir noch die Korken knallen.
In Stalingrad machen sie uns zur Schnecke!
Schau, Franzerl, mußt net immer alles so schwarz sehn!

© Poetenladen
De: Abdruck im Niemandswo
Leipzig: Poetenladen, 2016
Producción de Audio: Haus für Poesie / 2016

La sera dei canti

Andavamo curiosi intorno al pianoforte nero.

Uno infilaò cinque talleri nella fessura.

Schubert si alzò a cantare pezzi della “Winterreise”.

L’oste dietro al bancone fumava una sigaretta.

 

Arrivavano gnocchi di prugne e birra scura.

Schubert preferiva bere vino rosso, lo sapevamo bene.

Nell’osteria le mosche si ronzavano intorno l’un l’altra.

Napoleone non era ancora tornato dalla Russia.

 

Anche Stalingrado non si poteva tenere. Lo sapevamo bene:

qualcuno ne sapeva già di più.

Dalle fessure veniva uno spiffero tremendo.

Franz eseguiva il “Lindenbaum” con molta espressione.

 

Noi però aspettavamo il “Leiermann”.

Le sue dita intirizzite dal gelo ci toccavano fino alle lacrime.

La gamba di legno di una sedia cominciava a scricchiolare.

Il cane dell’ambulante ci sfregava il muso.

 

O Gesù, quest’anno abbiamo la neve anzitempo!

L’invalido si muoveva sulla sua sedia a rotelle.

Qualcuno lo doveva aiutare a pisciare. Chi ci va volontario?

Ce la giocavamo a dadi. Schubert era troppo ubriaco per farcela.

 

L’oste prendeva sul serio la fine del mondo.

Appena suonò la mezzanotte, coprì tutti i ritratti –

Francesco-Giuseppe, il Führer e Marlene Dietrich.

Schubert ordinava urlando ancora del vino Gumpoldskirchner.

 

La canzone della fillossera la conoscevamo tutti.

A chiusura facemmo saltare i tappi col botto.

A Stalingrado ce le suonano a morte!

Vedi, Cecchino, non devi sempre veder tutto nero!

 

Traduzione: Nino Muzzi