Daniele Vecchiato
الايطالية
so wenig sinnlichkeit
können worte: nur engel benennen
ohne ihr gesicht abzubilden
ihr sanftes gewölbe aus knochen
ihr vermischtes gewölbe aus mann und frau.
einzig vergleiche, die noch leuchten können
wie in öl: sein metallisches flugkleid
wie der zerknitterte rumpf eines learjets
ohne lackierung ..
und dennoch: welche ärmlichkeiten.
kein roter vorhang nur aus worten
der sich begreifen lässt im auge, im gehirn. kein r-o-t
das in maria eindringt, in ihr kristallines b-l-a-u
und wie, wie willst du licht ersetzen!
noch lächerlicher hier nur licht zu sagen
das durch das fenster stürzt und schleicht zugleich
um ihr gesicht kaum merklich anzuheben
dass es die weiße lilie sieht
endlich erblickt, in diesem raum
der lautlos schwebt, im weltall schwebt
mit strengen mustern, burg und wolken ..
ein arme-leute-essen ist gekocht, sonst nichts
ein teller suppe
wo nur worte schwimmen
wie lose hände, die nichts greifen können
doch greifen wollen, und in den flachen löffeln beten.
(nach »Verkündigung« von Giovanni Bellini, Gallerie dell’Accademia)
من: langsames ermatten im labyrinth
Berlin: Verlagshaus Berlin, 2019
الإنتاج المسموع: Haus für Poesie / 2018
non sanno essere sensibili
le parole: parlare di angeli
senza dipingere il loro viso
la loro delicata volta d’ossa
il loro essere insieme uomo e donna.
soltanto le similitudini riescono a brillare
come nella pittura: il suo metallico abito da volo
come la fusoliera sgualcita di un learjet
senza vernice ..
eppure: che miseria.
nessun drappo rosso fatto di sole parole
riesce a imporsi all’occhio, al cervello. nessun r-o-s-s-o
riesce a entrare in maria, nel suo b-l-u cristallino
e come, come pretendi di sostituire la luce!
è ancor più ridicolo chiamare luce questa cosa
che irrompe dalle finestre e lambisce
il suo volto, facendolo sollevare appena
affinché scorga il giglio bianco
lo veda finalmente, in questa stanza
sospesa nel silenzio, sospesa nello spazio
tra geometrie rigide, il castello e le nuvole ..
un pasto frugale ci è dato, null’altro
un piatto di minestra
in cui nuotano le parole
come mani sciolte, che nulla afferrano
nonostante vogliano afferrare, e che pregano nei cucchiai piatti.
(dall’«Annunciazione» di Giovanni Bellini, Gallerie dell’Accademia)